Nasce l’iniziativa “il mio presepe 2020” come segno di comunione e condivisione del segno di Speranza che il Presepe rappresenta.
Sarebbe bello che in ogni casa sia fatto il Presepe e che ciascuno possa condividere con tutti questo segno di cui quest’anno come non mai abbiamo bisogno.
Invia la foto del tuo presepe a: ilmiopresepe2020@gmail.com
In questo anno così particolare in cui ci apprestiamo a vivere l’atmosfera natalizia nonostante il Covid, questo progetto vuole, altresì, attirare l’attenzione di tanti per riscoprire la traccia francescana di questo simbolo che, come scriveva papa Francesco un anno fa nella sua lettera “Admirabile Signum”, rappresenta per noi cristiani la prova dell’amore di Dio che non abbandona mai gli uomini e le donne di ogni generazione.
DOMENICA DELLE PALME A CASA #domenicadellepalme #restiamoacasa #osannaalfigliodidavide #osannaalredentore
Realizziamo noi per primi, i nostri bambini, ragazzi, famiglie, delle federe, lenzuola, fogli di carta con sopra disegnato, dipinto, un ramo di palma colorato con la scritta OSANNA ed appenderlo al balcone oppure attaccarlo al vetro delle finestre per tutta la giornata di Domenica. MANDATE LE FOTO DELLE VOSTRE PALME A CATECHISTA 2.O per mail catechista@gmail.com oppure per Messenger
PER IL TRIDUO DI SEGUITO UNO SCHEMA DELLE CELEBRAZIONI IN FAMIGLIA lo puoi scaricare da qui
Videomessaggio del Santo Padre ai partecipanti al Convegno internazionale su “Il catechista, testimone del mistero”, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione.
Carissimi catechisti e catechiste, buongiorno!
Avrei tanto desiderato condividere con voi di persona questo momento importante del vostro radunarvi insieme per riflettere sulla seconda parte del Catechismo della Chiesa Cattolica, che tocca contenuti importanti e basilari per la Chiesa e per ogni cristiano, come la vita sacramentale, l’azione liturgica e il loro impatto sulla catechesi. Mons. Fisichella mi ha informato che siete in tanti, circa 1.500 catechisti, e che venite da 48 Paesi diversi, in molti casi accompagnati dai vostri Vescovi, che saluto cordialmente. Grazie per la vostra presenza. Grazie per l'entusiasmo con cui vivete il vostro essere catechisti nella Chiesa e per la Chiesa.
Ricordo con piacere il primo incontro che ebbi con voi nell’Anno della Fede, nel 2013, e come vi chiesi di «essere catechisti!, non lavorare da catechisti: questo non serve! Io lavoro da catechista perché mi piace insegnare. Ma se tu non sei catechista, non serve. Non sarai fecondo, non sarai feconda! Catechista è una vocazione: essere catechista, questa è la vocazione, non lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto fare i catechisti, ma esserlo, perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le parole e con la vita, con la testimonianza»
Oggi mi trovo a Vilnius per il viaggio apostolico nei Paesi Baltici che era stato programmato da diverso tempo. Approfitto di questi strumenti efficaci della tecnologia per stare con voi e indirizzarvi alcuni pensieri che mi premono, perché la vostra vocazione ad essere catechisti assuma sempre di più una forma di servizio che viene svolto nella comunità cristiana e che richiede di essere riconosciuto come un vero e genuino ministero della Chiesa, di cui abbiamo particolarmente bisogno.
Penso spesso al catechista come colui che si è messo al servizio della Parola di Dio, che questa Parola frequenta quotidianamente per farla diventare suo nutrimento e poterla così partecipare agli altri con efficacia e credibilità. Il catechista sa che questa Parola è «viva» (Eb 4,12) perché costituisce la regola della fede della Chiesa (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21; Lumen gentium, 15). Il catechista, di conseguenza, non può dimenticare, soprattutto oggi in un contesto di indifferenza religiosa, che la sua parola è sempre un primo annuncio. Pensate bene questo: in questo mondo, in quest’area di tanta indifferenza, la vostra parola sempre sarà un primo annuncio, che arriva a toccare il cuore e la mente di tante persone che sono di attesa di incontrare Cristo. Anche a loro insaputa, ma sono in attesa. E quando dico primo annuncio non lo intendo solo in senso temporale. Certo, questo è importante, ma non è sempre così. Primo annuncio equivale a sottolineare che Gesù Cristo morto e risorto per amore del Padre, dona il suo perdono a tutti senza distinzione di persone, se solo aprono il loro cuore a lasciarsi convertire! Spesso non percepiamo la forza della grazia che, anche attraverso le nostre parole, tocca in profondità i nostri interlocutori e li plasma per permettere loro di scoprire l’amore di Dio. Il catechista non è un maestro o un professore che pensa di svolgere una lezione. La catechesi non è una lezione; la catechesi è la comunicazione di un’esperienza e la testimonianza di una fede che accende i cuori, perché immette il desiderio di incontrare Cristo. Questo annuncio in vari modi e con differenti linguaggi è sempre il “primo” che il catechista è chiamato a realizzare!
Per favore, nella comunicazione della fede non cadete nella tentazione di stravolgere l’ordine con il quale da sempre la Chiesa ha annunciato e presentato il kerigma, e che trova riscontro anche nella struttura dello stesso Catechismo. Non si può, ad esempio, anteporre la legge, fosse anche quella morale, all’annuncio tangibile dell’amore e della misericordia di Dio. Non possiamo dimenticare le parole di Gesù: “Non sono venuto a condannare, ma a perdonare...” (cfr Gv 3,17; 12,47). Alla stessa stregua, non si può presumere di imporre una verità della fede prescindendo dalla chiamata alla libertà che questa comporta. Chi ha esperienza dell'incontro con il Signore si ritrova sempre come la samaritana che ha desiderio di bere un’acqua che non si esaurisce, ma nello stesso tempo corre subito dagli abitanti del villaggio per farli venire da Gesù (cfr Gv 4,1-30). E’ necessario che il catechista comprenda, quindi, la grande sfida che si trova dinanzi su come educare alla fede, in primo luogo, quanti hanno un’identità cristiana debole e, per questo, hanno bisogno di vicinanza, di accoglienza, di pazienza, di amicizia. Solo così la catechesi diventa promozione della vita cristiana, sostegno nella formazione globale dei credenti e incentivo ad essere discepoli missionari.
Una catechesi che intende essere feconda e in armonia con l’insieme della vita cristiana trova nella liturgia e nei sacramenti la sua linfa vitale. L’iniziazione cristiana richiede che nelle nostre comunità si attui sempre di più un percorso catechetico che aiuti a sperimentare l’incontro con il Signore, la crescita nella sua conoscenza e l’amore per la sequela. La mistagogia offre delle opportunità fortemente significative per compiere questo percorso con coraggio e decisione, favorendo l’uscita da una fase sterile della catechesi, che spesso allontana soprattutto i nostri giovani, perché non ritrovano la freschezza della proposta cristiana e l’incidenza nella loro vita. Il mistero che la Chiesa celebra trova la sua espressione più bella e coerente nella liturgia. Non dimentichiamo di far cogliere con la nostra catechesi la contemporaneità di Cristo. Nella vita sacramentale, infatti, che trova il suo culmine nella santa Eucaristia, Cristo si fa contemporaneo con la sua Chiesa: la accompagna nelle vicende della sua storia e non si allontana mai dalla sua Sposa. E’ Lui che si rende vicino e prossimo con quanti lo ricevono nel suo Corpo e nel suo Sangue, e li rende strumento del perdono, testimoni della carità con quanti soffrono, e partecipi attivi nel creare la solidarietà tra gli uomini e i popoli. Come sarebbe utile per la Chiesa se le nostre catechesi fossero improntate nel far cogliere e vivere la presenza di Cristo che agisce e opera la nostra salvezza, permettendoci di sperimentare fin da adesso la bellezza della vita di comunione con il mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo!
Vi auguro di vivere questi giorni con intensità, per portare poi alle vostre comunità la ricchezza di quanto avete vissuto in questo incontro internazionale. Vi accompagno con la mia benedizione e, per favore, non dimenticate di pregare per me. Grazie.
e nel frattempo cerchiamo di non sprecare le nostre giornate. Manteniamo i contatti con la nostra comunità di catechisti, magari partecipando a delle occasioni di preghiera utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione; prepariamo dei piccoli video per i nostri bambini nei quali raccontiamo qualche bella storia, di quelle che servono per tenere in allenamento l'anima. Diamoci da fare pregando e vivendo in famiglia ogni momento che ci viene dato.
Purtroppo stiamo vivendo la Quaresima lontano dai sacramenti e sicuramente anche la Pasqua per la prima volta nella vita di ciascuno sarà vissuta come un qualcosa da guardare e non da vivere, ma non lasciamoci ingannare, prendiamo questo tempo come propizio per ciascuno di noi con la certezza che il Cristo passerà comunque nella nostra vita e con la Speranza che riemergeremo da questa Storia con una fede rafforzata.
Un caro saluto a tutti !
Sergio e Imma
La ricchezza di spunti contenuta nell'intervento che Papa Francesco ha tenuto alla Pontificia Accademia per la Vita il 5 ottobre 2017 non può non essere condivisa tra i catechisti ovvero tra coloro che ogni giorno sono chiamati ad annunciare la bellezza del Vangelo in questa generazione.
Clicca qui per scaricare il pdf: https://goo.gl/qtHzz3
Eccellenza, Illustri Signori e Signore, sono lieto di incontrarvi in occasione della vostra annuale Assemblea Plenaria e ringrazio Monsignor Paglia per il suo saluto e la sua introduzione. Vi sono grato per il contributo che offrite e che, col passare del tempo, rivela sempre meglio il suo valore sia nell’approfondimento delle conoscenze scientifiche, antropologiche ed etiche, sia nel servizio alla vita, in particolare nella cura della vita umana e del creato, nostra casa comune. Il tema di questa vostra sessione: “Accompagnare la vita. Nuove responsabilità nell’era tecnologica”, è impegnativo e al tempo stesso necessario. Esso affronta l’intreccio di opportunità e criticità che interpella l’umanesimo planetario, in riferimento ai recenti sviluppi tecnologici delle scienze della vita. La potenza delle biotecnologie, che già ora consente manipolazioni della vita fino a ieri impensabili, pone questioni formidabili. È urgente, perciò, intensificare lo studio e il confronto sugli effetti di tale evoluzione della società in senso tecnologico per articolare una sintesi antropologica che sia all’altezza di questa sfida epocale. L’area della vostra qualificata consulenza non può quindi essere limitata alla soluzione delle questioni poste da specifiche situazioni di conflitto etico, sociale o giuridico. L’ispirazione di condotte coerenti con la dignità della persona umana riguarda la teoria e la pratica della scienza e della tecnica nella loro impostazione complessiva in rapporto alla vita, al suo senso e al suo valore. E proprio in questa prospettiva desidero offrirvi oggi la mia riflessione.
1. La creatura umana sembra oggi trovarsi in uno speciale passaggio della propria storia che incrocia, in un contesto inedito, le antiche e sempre nuove domande sul senso della vita umana, sulla sua origine e sul suo destino. Il tratto emblematico di questo passaggio può essere riconosciuto sinteticamente nel rapido diffondersi di una cultura ossessivamente centrata sulla sovranità dell’uomo — in quanto specie e in quanto individuo — rispetto alla realtà. C’è chi parla persino di egolatria, ossia di un vero e proprio culto dell’io, sul cui altare si sacrifica ogni cosa, compresi gli affetti più cari. Questa prospettiva non è innocua: essa plasma un soggetto che si guarda continuamente allo specchio, sino a diventare incapace di rivolgere gli occhi verso gli altri e il mondo. La diffusione di questo atteggiamento ha conseguenze gravissime per tutti gli affetti e i legami della vita (cfr Enc. Laudato si’, 48). Non si tratta, naturalmente, di negare o di ridurre la legittimità dell’aspirazione individuale alla qualità della vita e l’importanza delle risorse economiche e dei mezzi tecnici che possono favorirla. Tuttavia, non può essere passato sotto silenzio lo spregiudicato materialismo che caratterizza l’alleanza tra l’economia e la tecnica, e che tratta la vita come risorsa da sfruttare o da scartare in funzione del potere e del profitto. Purtroppo, uomini, donne e bambini di ogni parte del mondo sperimentano con amarezza e dolore le illusorie promesse di questo materialismo tecnocratico. Anche perché, in contraddizione con la propaganda di un benessere che si diffonderebbe automaticamente con l’ampliarsi del mercato, si allargano invece i territori della povertà e del conflitto, dello scarto e dell’abbandono, del risentimento e della disperazione. Un autentico progresso scientifico e tecnologico dovrebbe invece ispirare politiche più umane. La fede cristiana ci spinge a riprendere l’iniziativa, respingendo ogni concessione alla nostalgia e al lamento. La Chiesa, del resto, ha una vasta tradizione di menti generose e illuminate, che hanno aperto strade per la scienza e la coscienza nella loro epoca. Il mondo ha bisogno di credenti che, con serietà e letizia, siano creativi e propositivi, umili e coraggiosi, risolutamente determinati a ricomporre la frattura tra le generazioni. Questa frattura interrompe la trasmissione della vita. Della giovinezza si esaltano gli entusiasmanti potenziali: ma chi li guida al compimento dell’età adulta? La condizione adulta è una vita capace di responsabilità e amore, sia verso la generazione futura, sia verso quella passata. La vita dei padri e delle madri in età avanzata si aspetta di essere onorata per quello che ha generosamente dato, non di essere scartata per quello che non ha più.
2. La fonte di ispirazione per questa ripresa di iniziativa, ancora una volta, è la Parola di Dio, che illumina l’origine della vita e il suo destino. Una teologia della Creazione e della Redenzione che sappia tradursi nelle parole e nei gesti 2 dell’amore per ogni vita e per tutta la vita, appare oggi più che mai necessaria per accompagnare il cammino della Chiesa nel mondo che ora abitiamo. L’Enciclica Laudato si’ è come un manifesto di questa ripresa dello sguardo di Dio e dell’uomo sul mondo, a partire dal grande racconto di rivelazione che ci viene offerto nei primi capitoli del Libro della Genesi. Esso dice che ognuno di noi è una creatura voluta e amata da Dio per sé stessa, non solamente un assemblaggio di cellule ben organizzate e selezionate nel corso dell’evoluzione della vita. L’intera creazione è come inscritta nello speciale amore di Dio per la creatura umana, che si estende a tutte le generazioni delle madri, dei padri e dei loro figli. La benedizione divina dell’origine e la promessa di un destino eterno, che sono il fondamento della dignità di ogni vita, sono di tutti e per tutti. Gli uomini, le donne, i bambini della terra – di questo sono fatti i popoli – sono la vita del mondo che Dio ama e vuole portare in salvo, senza escludere nessuno. Il racconto biblico della Creazione va riletto sempre di nuovo, per apprezzare tutta l’ampiezza e la profondità del gesto dell’amore di Dio che affida all’alleanza dell’uomo e della donna il creato e la storia. Questa alleanza è certamente sigillata dall’unione d’amore, personale e feconda, che segna la strada della trasmissione della vita attraverso il matrimonio e la famiglia. Essa, però, va ben oltre questo sigillo. L’alleanza dell’uomo e della donna è chiamata a prendere nelle sue mani la regia dell’intera società. Questo è un invito alla responsabilità per il mondo, nella cultura e nella politica, nel lavoro e nell'economia; e anche nella Chiesa. Non si tratta semplicemente di pari opportunità o di riconoscimento reciproco. Si tratta soprattutto di intesa degli uomini e delle donne sul senso della vita e sul cammino dei popoli. L’uomo e la donna non sono chiamati soltanto a parlarsi d’amore, ma a parlarsi, con amore, di ciò che devono fare perché la convivenza umana si realizzi nella luce dell’amore di Dio per ogni creatura. Parlarsi e allearsi, perché nessuno dei due – né l’uomo da solo, né la donna da sola – è in grado di assumersi questa responsabilità. Insieme sono stati creati, nella loro differenza benedetta; insieme hanno peccato, per la loro presunzione di sostituirsi a Dio; insieme, con la grazia di Cristo, ritornano al cospetto di Dio, per onorare la cura del mondo e della storia che Egli ha loro affidato.
3. Insomma, è una vera e propria rivoluzione culturale quella che sta all’orizzonte della storia di questo tempo. E la Chiesa, per prima, deve fare la sua parte. In tale prospettiva, si tratta anzitutto di riconoscere onestamente i ritardi e le mancanze. Le forme di subordinazione che hanno tristemente segnato la storia delle donne vanno definitivamente abbandonate. Un nuovo inizio dev’essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza. L’ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l’intesa dell’uomo e della donna, non è giusta. Invece di contrastare le interpretazioni negative 3 della differenza sessuale, che mortificano la sua irriducibile valenza per la dignità umana, si vuole cancellare di fatto tale differenza, proponendo tecniche e pratiche che la rendano irrilevante per lo sviluppo della persona e per le relazioni umane. Ma l’utopia del “neutro” rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita. La manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale, che la tecnologia biomedica lascia intravvedere come completamente disponibile alla scelta della libertà – mentre non lo è! –, rischia così di smantellare la fonte di energia che alimenta l’alleanza dell’uomo e della donna e la rende creativa e feconda. Il misterioso legame della creazione del mondo con la generazione del Figlio, che si rivela nel farsi uomo del Figlio nel grembo di Maria – Madre di Gesù, Madre di Dio – per amore nostro, non finirà mai di lasciarci stupefatti e commossi. Questa rivelazione illumina definitivamente il mistero dell’essere e il senso della vita. L'immagine della generazione irradia, a partire da qui, una sapienza profonda riguardo alla vita. In quanto è ricevuta come un dono, la vita si esalta nel dono: generarla ci rigenera, spenderla ci arricchisce. Occorre raccogliere la sfida posta dalla intimidazione esercitata nei confronti della generazione della vita umana, quasi fosse una mortificazione della donna e una minaccia per il benessere collettivo. L’alleanza generativa dell’uomo e della donna è un presidio per l’umanesimo planetario degli uomini e delle donne, non un handicap. La nostra storia non sarà rinnovata se rifiutiamo questa verità.
4. La passione per l’accompagnamento e la cura della vita, lungo l’intero arco della sua storia individuale e sociale, chiede la riabilitazione di un ethos della compassione o della tenerezza per la generazione e rigenerazione dell’umano nella sua differenza. Si tratta, anzitutto, di ritrovare sensibilità per le diverse età della vita, in particolare per quelle dei bambini e degli anziani. Tutto ciò che in esse è delicato e fragile, vulnerabile e corruttibile, non è una faccenda che debba riguardare esclusivamente la medicina e il benessere. Ci sono in gioco parti dell’anima e della sensibilità umana che chiedono di essere ascoltate e riconosciute, custodite e apprezzate, dai singoli come dalla comunità. Una società nella quale tutto questo può essere soltanto comprato e venduto, burocraticamente regolato e tecnicamente predisposto, è una società che ha già perso il senso della vita. Non lo trasmetterà ai figli piccoli, non lo riconoscerà nei genitori anziani. Ecco perché, quasi senza rendercene conto, ormai edifichiamo città sempre più ostili ai bambini e comunità sempre più inospitali per gli anziani, con muri senza né porte né finestre: dovrebbero proteggere, in realtà soffocano. La testimonianza della fede nella misericordia di Dio, che affina e compie ogni giustizia, è condizione essenziale per la circolazione della vera compassione fra le diverse generazioni. Senza di essa, la cultura della città secolare non ha alcuna possibilità di resistere all’anestesia e all’avvilimento dell’umanesimo. E’ in questo nuovo orizzonte che vedo collocata la missione della rinnovata Pontificia Accademia per la Vita. Comprendo che è difficile, ma è anche entusiasmante. Sono certo che non mancano uomini e donne di buona volontà, come anche studiose e studiosi, di diverso orientamento quanto alla religione e con diverse visioni antropologiche ed etiche del mondo, che condividono la necessità di riportare una più autentica sapienza della vita all’attenzione dei popoli, in vista del bene comune. Un dialogo aperto e fecondo può e deve essere instaurato con i molti che hanno a cuore la ricerca di ragioni valide per la vita dell’uomo.
Il Papa, e la Chiesa tutta, vi sono grati per l’impegno che vi accingete ad onorare. L’accompagnamento responsabile della vita umana, dal suo concepimento e per tutto il suo corso sino alla fine naturale è lavoro di discernimento e intelligenza d’amore per uomini e donne liberi e appassionati, e per pastori non mercenari. Dio benedica il vostro proposito di sostenerli con la scienza e la coscienza di cui siete capaci. Grazie, e non dimenticatevi di pregare per me.